marco rienzi
Università Vita-Salute San Raffaele di Milano
marco.rienzi.mr@gmail.com
Hegel e la novità logica. Osservazioni sull’immediatezza nella prima parte della Dottrina dell’essenza
Hegel and logical novelty. Observations on immediacy in the first part of the Doctrine of Essence
RESUMEN: Lo scopo di questo saggio è tematizzare l’emersione di “novità” nella Scienza della logica di Hegel. Più specificamente, questo tema è evidenziato in relazione alla categoria dell’“immediatezza” nel contesto della prima parte della Wesenslehre. Il capitolo “La parvenza [Schein]” è infatti particolarmente funzionale per questo scopo, in quanto esibisce il continuo rinnovamento dell’immediatezza. Questo rinnovamento corrisponde alla pluralità delle determinazioni logiche in cui appare l’immediatezza. L’analisi esibisce quindi in quale senso la novità emerge nella Logica di Hegel. Per contrasto rispetto ad alcune letture come quella di Deleuze, è così possibile dimostrare la presenza dell’emersione di novità nella Scienza della logica.
parole chiave: Georg Wilhelm Friedrich Hegel; Novità; Immediatezza; Essenza; Logica.
Studia Hegeliana, vol. XI (2025), pp. 89-107. ISSN: 2444-0809 ISSN-e: 2792-176X
Sociedad Española de Estudios sobre Hegel
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ABSTRACT: The aim of this essay is to address the emergence of “novelty” in Hegel’s Science of Logic. More specifically, this theme is highlighted in relation to the category of “immediacy” in the context of the first part of the Wesenslehre. The chapter “Shine [Schein]” is indeed particularly functional for this purpose, as it exhibits a continuous renewal of immediacy. This renewal corresponds to the plurality of logical determinations in which immediacy appears. The analysis shows in which sense novelty emerges in Hegel’s Logic. In contrast to certain readings such as that of Deleuze, it is thus possible to argue for the presence of the emergence of novelty in the Science of Logic.
Keywords: Georg Wilhelm Friedrich Hegel; Novelty; Immediacy; Essence; Logic
Recibido: 22/02/2025
Aprobado: 16/05/2025
DOI: 10.24310/stheg.11.2025.21043
I. Introduzione
L’obiettivo del presente contributo è tematizzare l’emersione della “novità” così per come questa si manifesta nella Scienza della logica di Hegel. Più specificamente, mireremo a evidenziare la tematica in relazione alla categoria dell’“immediatezza”1 facendo riferimento alla parte iniziale della Wesenslehre, il secondo libro della Logica hegeliana2. La scelta di tale contesto ci pare giustificata dalla possibilità di esibire, efficacemente, l’emersione di novità logiche mediante l’analisi di una porzione testuale relativamente breve. Di conseguenza, riprenderemo questo ritaglio della Logica esaminando, da vicino, in che senso si possa sostenere che la categoria dell’immediatezza rinnovi il proprio statuto conformemente all’andatura logica3.
In sede introduttiva, può risultare fruttuoso precisare ulteriormente tale tematica facendo riferimento a un aspetto, più generale, che emerge in quei medesimi luoghi ove Hegel discute la natura del “metodo” proprio della Logica. Tale riferimento consente di specificare in che senso si possa parlare di “novità” in questo contesto, evitando fraintendimenti che potrebbero sorgere.
Come approccio generale alla questione, riprendiamo la duplice natura del metodo proprio della Logica, analitica e sintetica4. Nell’Enciclopedia Hegel sostiene la natura “interamente analitica” del “procedere della filosofia, in quanto è metodico”5. Nello specifico, Hegel si sta riferendo alla deduzione dell’unità propria del divenire a partire dalle categorie iniziali dell’essere e del nulla. Il processo che da essere e nulla muove al divenire in quanto reciproco svanire dell’uno nell’altro è descritto come “il porre [Setzen] ciò che è già contenuto in un concetto”6. L’analiticità del metodo viene qui presentata come attività di posizione di quanto già implicito nella fase logica precedente; potremmo intendere quest’attività come una vera e propria “esplicitazione”. Il metodo filosofico è dunque analitico in quanto consiste nell’attività di esplicitare un elemento – nel caso esaminato: l’unità di essere e nulla – in prima istanza implicito in un determinato stadio logico7.
In secondo luogo, possiamo osservare come questa medesima attività di esplicitazione consista nel portare alla luce un elemento altro e differente dalla determinazione di “partenza”. Esplicitando l’unità latentemente presente nello svanire dell’essere nel nulla e viceversa, si origina infatti una nuova categoria, ossia quella del divenire. È rispetto a questo aspetto che Hegel evidenzia il carattere “sintetico”8 del metodo. Ponendo quanto implicito in una categoria, ossia: esplicitando alcuni elementi latenti in un contesto logico, a emergere è una determinazione propriamente altra rispetto al livello di partenza. Potremmo dire: a emergere è una novità logica. Ci pare sia questo il senso generale per cui è possibile sostenere che nella Scienza della logica si dia emersione di novità.
L’importanza della presente tesi si manifesta pure per contrasto rispetto all’interpretazione di influenti voci della storia della filosofia. Fra gli esempi classici si potrebbero citare almeno Kierkegaard, Marx e Nietzsche, che in vari modi avrebbero messo in questione la possibilità di un’autentica emersione di novità nella filosofia hegeliana. Più recentemente, una simile linea critica è stata intercettata da Gilles Deleuze in Differenza e ripetizione, sostenendo come quello hegeliano sia un “falso movimento”9. Illustriamo brevemente il significato di quest’espressione, oltre che il senso in cui si collega al problema della novità.
Come noto, l’idea generale che emerge da Differenza e ripetizione è che la dialettica hegeliana abbia il suo perno nella contraddizione. Conformemente all’articolazione della Logica hegeliana, Deleuze ricorda come la contraddizione sia una determinazione ulteriore della differenza. E tuttavia, il processo che dalla differenza conduce alla contraddizione – e prima ancora: alla diversità e all’opposizione – è possibile solamente quando la differenza “è costretta in un’identità preliminare, quando la si è posta sulla china dell’identico che la porta necessariamente dove vuole l’identità e la si fa riflettere dove l’identità vuole, vale a dire nel negativo”10. Soffermandoci su questo estratto, possiamo enucleare un elemento rilevante a proposito dell’interpretazione deleuziana: il processo che conduce dalla differenza alla contraddizione presuppone un’“identità preliminare”. Questa presupposizione ha il sapore, in Deleuze, di un’introduzione arbitraria. Il passaggio dalla differenza alla contraddizione, dunque, è possibile solamente sulla base di un’identità presente in maniera non giustificata filosoficamente.
A partire da questo sfondo si può comprendere l’analisi deleuziana della “risoluzione” della contraddizione nel fondamento. Deleuze scrive che “la contraddizione si risolve e, risolvendosi, risolve la differenza riferendola a un fondamento”11. La contraddizione, determinazione ulteriore della differenza, si risolve riferendo quest’ultima a un fondamento. Nella filosofia deleuziana, un simile riferimento al fondamento equivale a una subordinazione della differenza all’identità. È a partire da questo assetto che si può mostrare la critica deleuziana, la quale ci pare consista nel rilievo di una circolarità o petitio principii. Affinché la differenza sia riferita a un fondamento, è infatti necessario che passi in contraddizione; e tuttavia, affinché vi sia passaggio da differenza a contraddizione è necessario presupporre un’“identità preliminare”. Così l’identità – il fondamento – è già presupposta nel cominciamento di quel processo che dovrebbe giustificarne lo statuto, rendendo il movimento hegeliano un “falso movimento”. Zourabichvili coglie acutamente questo punto, affermando come sia proprio la presupposizione implicita del Tutto – ossia: dell’identico – a lasciare “cadere sullo hegelismo il sospetto di circolarità, per la quale alla fine si ritrova quanto era dato alla partenza”12.
In quanto si tratta di un falso movimento, è impossibile sostenere che si dia autentica novità. L’emersione di nuovi tratti che competono, per esempio, alle categorie, sarebbe perciò una mera apparenza. Se l’identico, il tutto o il fondamento sono presenti sin dall’inizio del processo e lo rendono possibile, allora il movimento è semplicemente un “falso movimento”. Con quest’espressione Deleuze suggerisce che la novità, lungi dall’essere veramente tale, è in realtà solamente la manifestazione processuale di una totalità presupposta e inclusiva di quanto via via appare nel decorso logico. La determinazione apparentemente nuova, più radicalmente, è già anticipata in una totalità o fondamento del processo che sarebbe il presupposto della dialettica.
Dal punto di vista deleuziano, quindi, sarebbe problematico sostenere un’effettiva emersione di novità nella Scienza della logica. Nel presente contributo, la nostra intenzione non è quella di muovere specificamente dalla critica di Deleuze a Hegel, né tantomeno quella di soffermarci sulle altre problematicità sollevate da tale lettura13. La finalità di questa breve ripresa della critica di Deleuze mirava piuttosto a mostrare, per contrasto, la salienza del tema in questione, contrapponendolo alle letture di alcuni autori influenti della recente storia della filosofia.
II. Essenza e negazione dell’immediatezza
Come specificato sopra, evidenzieremo l’emersione di novità logiche concentrandoci sulla categoria dell’immediatezza nel contesto della prima parte della Wesenslehre. Vedremo come, muovendo di categoria in categoria, si possa appunto esibire l’emersione di nuovi tratti e, di conseguenza, uno statuto in continuo rinnovamento dell’immediatezza.
Potremmo cominciare osservando come l’immediatezza costituisca un elemento rilevante per la Seinslehre, dalla cui logica immanente viene a emergere la categoria dell’essenza. Per certi versi, si potrebbe sostenere come in prima battuta l’intera sfera dell’essere sia interpretabile in quanto regno dell’immediatezza. Con ciò intendiamo, in senso generale, il mantenimento da parte di ciascuna categoria di uno statuto immediato14, pur laddove l’andatura logica esibisce il suo passaggio in un’altra categoria15. Lo statuto dell’immediatezza viene tuttavia posto in questione dallo stesso sviluppo complessivo della Seinslehre. Al limite, potremmo dire che la conclusione della Dottrina dell’essere coincida esattamente con la deposizione logica dell’immediatezza: “è sparito l’essere in generale e l’essere o l’immediatezza delle varie determinatezze”16.
Chiariamo questo punto esemplificando, sinteticamente, quanto avviene con qualità e quantità servendoci dell’Enciclopedia. In quanto determinazioni dell’essere, la qualità e la grandezza delle cose detengono uno statuto immediato, nel senso ora evidenziato. Qualità e quantità, cioè, detengono prima facie una loro indipendenza, di modo che ciascuna di esse sia indifferente all’altra e ai suoi rapporti con questa. Come anticipato, gli sviluppi della logica dell’essere esibiscono una messa in questione dell’immediatezza: quando la temperatura dell’acqua varia, per esempio, questa esibisce un passaggio di stato, ossia un mutamento qualitativo17. In questo senso, qualità e quantità non sono immediatamente distinte l’una dall’altra, bensì momenti di un’unica mediazione, di un’unità in cui ciascuna è soltanto mediante l’altra. L’immediatezza di qualità e quantità è dunque superata, poiché a quest’altezza logica non è più possibile mantenere la loro indifferenza reciproca. Queste categorie divengono infatti momenti di un’unità “che contiene in sé come superati l’essere e le sue forme”; tale unità è propriamente “l’essenza”18.
Questo sintetico profilo del superamento dell’immediatezza dell’essere ci ha condotti all’essenza, consentendo di specificare lo sfondo della nostra trattazione. Al termine della Seinslehre giungiamo all’idea per cui l’immediatezza propria delle categorie dell’essere si depone da sé. Ciò non vuol dire che, a più alto livello, una simile immediatezza non possa riemergere19. Piuttosto, la lezione da trarre è che l’essenza – unità che “contiene in sé come superati l’essere e le sue forme” – emerga precisamente a partire dalla negazione dell’immediatezza. L’essenza è quindi anzitutto la negazione della semplice immediatezza dell’essere. Riguardando la stessa dinamica a partire dall’essere potremmo dire: in verità, quanto alla sua essenza, la semplice immediatezza conduce alla sua negazione, alla non-immediatezza, alla mediazione. Quando Hegel apre la Wesenslehre scrivendo che “la verità dell’essere è l’essenza”20 si riferisce dunque a questo movimento, per cui lo sviluppo intrinseco dell’essere conduce necessariamente all’essenza in quanto sua negazione.
III. Essenziale, inessenziale, parvenza
Presentata brevemente l’emersione dell’essenza a partire dalla dissoluzione della semplice immediatezza dell’essere, possiamo cominciare la vera e propria discussione circa la novità logica. Conformemente alla trattazione della Scienza della logica, vedremo come a partire dal pensiero dell’essenza in quanto verità dell’essere si espliciterà una pluralità di rapporti logici. Questa stessa pluralità consentirà di esibire il “mutamento” che investe la categoria dell’immediatezza, riuscendo quindi a evidenziare quell’emersione di novità che a noi interessa.
Sappiamo dunque che l’essenza è la negazione della semplice immediatezza, è la “negazione della sfera dell’essere”. Il primo rapporto che intercorre tra essenza ed essere è quello di una semplice negazione, “una negazione determinata”. Con ciò Hegel intende una semplice alterità tra essenza e essere, di modo che ciascuno dei due conservi uno statuto di per sé, una sua propria immediatezza. Essere e essenza vengono quindi anzitutto pensati come “altri in generale, poiché ciascuno ha un essere, una immediatezza”21.
Come risulta evidente, in questo rapporto non è stata realmente deposta l’immediatezza peculiare della Seinslehre. Essa, al contrario, è presente e investe le stesse categorie dell’essere e dell’essenza. In seguito a questa caratterizzazione logica, Hegel ridefinisce le due determinazioni ora in gioco come “essenziale” e “inessenziale”22. Essenziale e inessenziale sono dunque due determinazioni semplicemente contrapposte, ove l’una è negazione dell’altra e ciascuna preserva un suo statuto immediato.
Questo contesto logico non è tuttavia da descrivere come un mero “ritorno” alla logica dell’essere. Si tratta, piuttosto, di una prima modalità entro cui si configura il rapporto negativo tra essenza e essere. Questa modalità corrisponde a rapporti logici già presenti nella Seinslehre, e perciò restaura – entro un livello più complesso che coinvolge l’essenza – quella stessa immediatezza da cui l’essenza è emersa in quanto negazione. A partire da questa modalità si originano dunque due nuove categorie: essenziale e inessenziale.
Nel prosieguo del paragrafo Hegel tematizza lo statuto della distinzione tra essenziale e inessenziale. Riteniamo che il passaggio decisivo possa essere determinato come un’esplicitazione, o un approfondimento, dell’idea dell’essenza in quanto negazione della sfera dell’essere. È un’idea resa necessaria, come abbiamo visto, dallo stesso processo interno alla Seinslehre. La distinzione tra essenziale e inessenziale, infatti, pur presentando una negazione della semplice immediatezza dell’essere, ha ripristinato quest’ultima in virtù della modalità in cui tale negazione è stata pensata. Nei termini di Hegel, l’essenza così pensata è solamente “la prima negazione”. Ma in quanto l’essenza è negazione dell’essere, non può essere pensata solamente come questa “prima negazione”. Ciò è insufficiente in quanto, così pensata, l’essenza da ultimo non è negazione dell’essere, e non lo è poiché ripristina quella semplice immediatezza che essa dovrebbe invece negare. L’essenza è piuttosto da pensare come “la negatività assoluta dell’essere”23.
Lo statuto dell’essenza come “negatività assoluta” può essere chiarito a partire dal contesto problematico sopra introdotto. Una negatività assoluta è tale in quanto non ha altro rispetto a sé, altrimenti sarebbe appunto relativa e delimitata da questo altro. Sappiamo inoltre che (1) l’essenza si origina dalla dissoluzione della semplice immediatezza dell’essere, e che (2) l’essenza va intesa come la negatività assoluta di quest’immediatezza. In virtù del primo punto, va comunque riconosciuta una differenza fra essenza e semplice immediatezza. L’essenza è infatti ciò che si origina a partire dalla negazione dell’immediatezza, ossia – potremmo dire – dal rivelarsi della semplice immediatezza delle cose e delle loro caratteristiche come un aspetto inessenziale. In virtù del secondo punto, emerge un concetto dell’essenza che tuttavia non ammette altro rispetto a sé. Ci pare che questa diade paradossale di elementi – differenza e impossibilità a pensare una vera e propria alterità – sia all’origine del concetto hegeliano di “parvenza [Schein]”. La parvenza è infatti anzitutto definita come “l’immediato in sé e per sé nullo”24, ossia come il rivelarsi una mera apparenza dell’immediatezza in quanto altra dalla negatività assoluta.
È un punto molto importante per l’andatura complessiva della Logica, ma anche per l’obiettivo del nostro contributo. Evidenziando l’introduzione del concetto di “negatività assoluta”, oltre che delle conseguenze logiche da questo implicate nel suo contesto, il passo compiuto consente di avanzare alcune considerazioni circa l’emersione della novità a proposito dell’immediatezza. Il primo carattere dell’immediatezza che abbiamo visto emergere è quello che investiva essenziale e inessenziale, determinazioni semplicemente distinte l’una dall’altra. Focalizziamoci sul lato dell’inessenziale, il quale rappresenta il concetto che “eredita” logicamente l’immediatezza della sfera dell’essere. Abbiamo visto come l’esplicitazione del carattere negativo dell’essenza consista nella posizione del concetto di “negatività assoluta”. All’introduzione di questo concetto corrisponde inoltre un mutamento circa lo statuto dell’immediatezza propria dell’inessenziale. Infatti, introdotta la categoria di negatività assoluta, la semplice immediatezza si è presentata non solo come una regione inessenziale contrapposta all’essenza, ma come una mera parvenza. Esplicitando il carattere negativo dell’essenza, è emersa la categoria della parvenza, un nuovo livello logico dell’essere e dell’inessenziale. Come si vede, l’emersione della novità in questo caso consiste in una categoria che per la prima volta esplicita lo sforzo di pensare l’immediatezza in rapporto alla negatività assoluta, un’immediatezza che perciò si è rivelata come una parvenza, il cui essere consiste solamente “nella sua nullità”25. Se la semplice immediatezza delle cose si era prima presentata come il loro aspetto semplicemente inessenziale e, proprio per questo, differente dalla loro essenza, ora quella medesima immediatezza si rivela più radicalmente come una parvenza.
Soffermiamoci ora sul paragrafo intitolato “La parvenza”, evidenziando gli elementi utili alla nostra analisi circa la novità logica. Il passo ulteriore che viene compiuto deriva dall’esplicitazione di alcuni tratti impliciti nel concetto di “negatività assoluta”. In particolare, si tratta di comprendere come “la negatività dell’essenza” sia “la sua uguaglianza con se stessa, o la sua semplice immediatezza”26.
Consideriamo quindi il concetto di “negatività assoluta”: questo, in quanto tale, è risultato dalla negazione di quella “prima negazione” istanziata dalla contrapposizione tra essenziale e inessenziale. In questo senso, Hegel sostiene che la negatività essenziale non sia una semplice negazione, ma la negazione della negazione, una “negazione raddoppiata”. Una negazione della negazione è in questo contesto una negazione che nega se stessa. Del resto, solo così la negatività dell’essenza può essere autenticamente assoluta: dovesse negare qualcosa d’altro rispetto a sé, sarebbe appunto relativa a quell’altro. La negatività assoluta, dunque, non può che darsi come negazione di se stessa, ossia secondo una struttura autoreferenziale27.
Il passo ulteriore consiste nell’esibire l’immediatezza della negatività proprio in virtù della sua struttura autoreferenziale. Una negatività autoreferenziale non è infatti mediata da un elemento altro rispetto a sé; una negazione che nega se stessa non presuppone un termine altro rispetto a sé, in quanto si tratta di un operatore negativo che “agisce” su se stesso, e non è dunque mediato da altro. Una struttura non mediata da altro, in questo senso, esibisce quella “uguaglianza con se stessa” o “semplice immediatezza” che abbiamo visto essere attribuita all’essenza. In virtù della sua autoreferenzialità, la negatività è dunque immediata28.
Il risultato cui siamo pervenuti è per certi versi paradossale: la negatività assoluta, proprio in quanto negazione dell’immediatezza, ripristina l’immediatezza. La negatività assoluta, proprio in forza della sua assolutezza, esibisce quella stessa immediatezza prima identificata all’inessenziale e successivamente alla parvenza.
Un passo ulteriore consiste nell’approfondimento di quest’immediatezza attribuita all’essenza. Essa non è infatti “l’immediatezza in quanto è [seyende], sibbene quell’immediatezza assolutamente mediata o riflessa che è la parvenza”29. L’idea è che, in quanto conferita all’essenza – che dell’immediatezza è anzitutto la negazione –, l’immediatezza non equivalga a quella attribuita a essenziale e inessenziale, o alle categorie proprie della Seinslehre. L’immediatezza esibita dall’essenza è piuttosto un effetto generato dalla stessa negatività, e in questo senso “mediata o riflessa”30. Conseguentemente, a mutare è lo stesso statuto del rapporto tra essenza e parvenza. Riguardata da questa nuova angolatura, l’immediatezza della parvenza corrisponde a un’immediatezza prodotta dalla stessa essenza; di conseguenza, la parvenza è “la parvenza dell’essenza stessa”31.
L’immediatezza prodotta dalla negatività essenziale è inoltre distinta da essa. La parvenza può dunque essere definita come il negativo dell’essenza, ossia ciò che essa non è, senza tuttavia costituire un elemento propriamente altro rispetto all’essenza. Questo deriva necessariamente dal fatto che la parvenza emerga come esito della negatività assoluta. Quest’ultima si configura come una negazione doppia, ovvero una negazione che nega se stessa. Di conseguenza, il risultato di tale negatività deve essere il suo negativo; in caso contrario, essa non si negherebbe davvero, ma si limiterebbe a riprodurre la sua struttura.
L’ultimo aspetto rilevante di questo paragrafo riguarda il rapporto tra essenza e parvenza e introduce il successivo, dedicato alla riflessione. Nello specifico, Hegel dimostra come la parvenza, prodotta dalla negatività, sia identica a essa. Il passaggio chiave per esplicitare questo punto è il seguente, riferito alla parvenza: “questa determinatezza è essa stessa l’assoluta negatività e questo determinare che immediatamente come determinare è il toglier se stesso, è ritorno in sé”32. Sappiamo che la negatività assoluta costituisce la struttura propria dell’essenza. Proprio in virtù di questa natura, l’essenza genera un’immediatezza distinta da sé: la parvenza. Poiché è distinta dall’essenza, la parvenza non è negatività, è cioè negazione della negazione. Ma la negazione della negazione coincide alla negatività assoluta propria dell’essenza. Proprio perché non è negatività, la parvenza è negazione della negazione. E poiché è negazione della negazione, essa ripresenta la stessa struttura logica dell’essenza. Di conseguenza, la parvenza si rivela identica alla negatività essenziale.
Riesaminando la struttura complessiva dell’essenza alla luce di questo risultato, emergono implicazioni significative. L’essenza è, anzitutto, produzione della parvenza; tuttavia, abbiamo visto che la parvenza, in ultima istanza, è identica all’essenza. Di conseguenza, il processo attraverso cui l’essenza produce parvenze può essere inteso come un movimento di ritorno in sé, ossia una riflessione in sé. L’essenza è, dunque, “il suo proprio parere in se stessa [das Scheinen seiner in sich selbst]. L’essenza in questo suo proprio movimento è la riflessione”33.
Concludendo questo paragrafo, possiamo chiarire ulteriormente come la categoria dell’immediatezza esibisca un rinnovamento logico. Tale novità è emersa con la manifestazione di caratteristiche dell’immediatezza assenti nei precedenti livelli categoriali. Come anticipato nell’introduzione, comprendiamo così che il sorgere della novità nella Logica non implica la comparsa di un elemento integralmente differente o privo di connessione con determinazioni e contesti logici precedenti. L’emersione della novità è piuttosto connessa all’esplicitazione di elementi impliciti in determinati livelli categoriali; conseguenza di quest’esplicitazione è infatti una modifica, un rinnovamento dello statuto e del contesto delle categorie. Questo è avvenuto nei vari passaggi del nostro paragrafo, come ad esempio in quello che ha condotto dalla coppia essenziale-inessenziale alla concezione dell’immediatezza in quanto parvenza. Esplicitando il pensiero dell’essenza in quanto negazione assoluta dell’immediatezza, questa si è determinata non più semplicemente come una regione inessenziale contrapposta all’essenziale, ma come una parvenza. A sua volta, l’esplicitazione di elementi impliciti nel rapporto essenza-parvenza ha condotto per la prima volta al pensiero di una parvenza generata dalla stessa essenza. In questo senso, l’immediatezza ha rinnovato il suo statuto ed è emersa una novità logica. Ulteriori esemplificazioni di questo processo si trovano negli altri passaggi analizzati, che hanno portato all’identità dell’immediatezza “mediata o riflessa” con l’essenza. Il percorso compiuto ha quindi evidenziato lo statuto peculiarmente dinamico dell’immediatezza, oltre che delle categorie hegeliane in generale. Esplicitando elementi impliciti in determinati livelli logici, sono emersi nuovi tratti che hanno modificato ruolo e contesto delle categorie prese in esame.
IV. Logica della riflessione
In questo paragrafo esamineremo la logica hegeliana della riflessione, rivolgendo particolare attenzione all’emersione di novità in rapporto alla categoria dell’immediatezza.
L’idea della riflessione emerge dagli elementi discussi nel paragrafo precedente. L’essenza, nella sua stessa negatività, produce la parvenza, che si configura come una determinazione distinta da essa. Tuttavia, la parvenza esibisce la medesima struttura negativa dell’essenza, poiché si pone a sua volta come negazione di quella negazione che è l’essenza. Nel produrre una parvenza distinta da sé, l’essenza ritorna in se stessa attraverso il suo negativo. Il movimento secondo il quale l’essenza si costituisce solamente come ritorno in sé nelle parvenze da essa stessa generate è la riflessione: “il movimento dal nulla al nulla [Bewegung von Nichts zu Nichts]”34. La riflessione consiste nel movimento dalla negatività dell’essenza alla negatività della parvenza e, in questo senso, può essere definita come “movimento dal nulla al nulla”. La riflessione, così per come si determina nella Wesenslogik hegeliana, è dunque un movimento negativo che deriva dagli sviluppi dell’essenza in quanto negatività assoluta35.
Per muovere un passo ulteriore nella nostra analisi, dobbiamo soffermarci sul carattere autoreferenziale della negazione visto all’opera in queste pagine. Nello specifico, la negatività assoluta proprio in quanto tale veniva a esibire “uguaglianza con se stessa” e “semplice immediatezza”. Un’analoga caratterizzazione compete all’“assoluta riflessione dell’essenza”, ossia alla riflessione così per come è appena emersa. In quanto caratterizzata da un’assoluta negatività, la riflessione è priva di un elemento altro rispetto a sé, e perciò non è mediata da nulla. In quanto non mediata da altro, la riflessione è “la semplice eguaglianza con sé, l’immediatezza”36.
Il punto decisivo consiste nell’illuminare le conseguenze di questo passaggio. L’immediatezza esibita dalla riflessione in virtù della sua struttura, infatti, va distinta tanto dalla semplice immediatezza della Seinslehre, quanto da quella dell’inessenziale o della parvenza. Quest’immediatezza è piuttosto quella che potremmo definire come prodotta dalla stessa negatività riflessiva37, un’immediatezza che risulta dalla negatività della riflessione. È tale prodotto della riflessione che, con le parole di Hegel, viene definito come “l’esser posto [Gesetztseyn], l’immediatezza […] come riflettentesi”38. In quanto risultato della riflessione, l’immediatezza viene per la prima volta a caratterizzarsi come l’“esser posto”, il risultato della negatività che nega se stessa.
Hegel approfondisce la dinamica della riflessione, attribuendole un’ulteriore caratteristica essenziale: il “presupporre”39. La riflessione che pone è cioè inseparabile dall’atto di presupporre. Ma cosa significa presupporre? Il termine Voraussetzen indica l’idea di porre qualcosa davanti a sé, stabilendo un elemento come punto di partenza rispetto a qualcos’altro. È esattamente ciò che avviene nel nostro contesto: la riflessione presuppone in quanto genera una negatività immediata come proprio punto di partenza. Più precisamente, si tratta di una negatività immediata dalla quale essa sembra cominciare. Perché “sembra”? Perché il presupposto non è un dato autenticamente immediato che la riflessione incontra, ma è piuttosto il risultato della riflessione stessa. In altre parole, il cominciamento del processo riflessivo può essere definito come “la parvenza del cominciamento”40. La riflessione presuppone dunque una negazione semplice come suo cominciamento illusorio. Negando questa negazione semplice, essa perviene all’esser posto.
Ciò che qui ci interessa maggiormente è l’assetto complessivo che ne deriva. Vale la pena sottolineare come, a questo livello logico, sia il presupposto che l’esser posto non esibiscono alcuna indipendenza o alterità rispetto alla riflessione. Si potrebbe quasi dire che l’immediatezza posta dalla riflessione non sia autenticamente tale, ossia: immediatezza. Essa è, infatti, esplicitamente dipendente dalla riflessione, che rappresenta il vero e proprio elemento dominante in questa fase logica. L’immediatezza non possiede quindi una propria sussistenza o stabilità, ma si configura come un elemento puramente negativo e privo di indipendenza.
Questo assetto si modifica con il passaggio dalla riflessione ponente a quella “esterna”. Tale passaggio può essere inteso come un approfondimento o un’esplicitazione dello statuto logico dell’immediato presupposto. Quest’ultimo, infatti, è caratterizzato come un negativo, ma è un negativo semplice e immediato e, in questo senso, non riflessivo. In quanto tale, esso non è la negatività assoluta della riflessione, ovvero una negazione doppia. Pertanto, esso equivale al “non essere” 41 della riflessione, un’immediatezza che si configura esplicitamente come ciò che la riflessione non è. In quanto è un’immediatezza esplicitamente non riflessiva, essa si contrappone alla riflessione. L’immediato si determina così come “contro uno” o “contro un altro”42. Definendosi come un altro rispetto alla riflessione, quest’ultima diviene a sua volta “esterna” alla sua “presupposizione” e “comincia dall’immediato come dal suo altro”43. Con questo passaggio, si giunge alla seconda forma della riflessione: la riflessione esterna.
È ora possibile osservare un punto importante circa lo statuto dell’immediatezza. Questa esibisce ora una consistenza logica assente nella fase precedente, laddove l’elemento “dominante” era invece la riflessione secondo la sua attività ponente. Con “consistenza” logica intendiamo il “riferimento a sé”44 attribuito all’immediatezza. L’autoreferenzialità dell’immediatezza corrisponde infatti a una sua positiva stabilità da cui segue la contrapposizione alla riflessione: è infatti l’alterità di riflessione e immediatezza l’elemento principale della riflessione esterna. Una simile alterità può essere interpretata anche come un rapporto di presupposizione, laddove la cifra “ponente” della riflessione cade ora nello sfondo. “Nel suo porre la riflessione toglie immediatamente il suo porre, ed ha così una presupposizione immediata […]. Ma che questo presupposto sia un negativo o un posto, ciò non lo tocca”45. L’immediato non è più semplicemente un elemento posto dalla riflessione, ma quel che questa trova dinanzi a sé e a partire dal quale svolge il suo esercizio.
Questo passaggio rappresenta un importante guadagno rispetto alla riflessione ponente e alla Reflexionslogik in generale. Con il “riferimento a sé” l’immediatezza acquista stabilità e consistenza assenti nell’”esser posto” della riflessione ponente. Assunto tale guadagno, la Reflexionslogik si avvia al suo compimento nella riflessione determinante, in cui sarà in grado di esibire l’emersione di un’immediatezza autenticamente tale in quanto costituita dalla riflessione.
Il passaggio alla riflessione determinante è compiuto nella conclusione della riflessione esterna, in cui si esplicita la congiunzione di porre e presupporre: “considerando più dappresso l’operazione della riflessione esterna, essa è […] un porre l’immediato”46. Ogni presupposto è posto come tale, di modo che la struttura riflessiva muta nuovamente al punto da diventare “determinante”. In quanto tale, cade ogni esteriorità tra riflessione e immediato: immediatezza e riflessione vengono a “fondersi” e la riflessività non è ormai nient’altro che la dinamicità “immanente” all’immediatezza47.
Come rileva Henrich nel suo commentario alla Reflexionslogik, uno degli sforzi più rilevanti sollecitati da queste pagine consiste nell’esplicitare in che modo la riflessione determinante non sia una mera “ripetizione” della riflessione ponente, evitando così di relegare il paragrafo dedicato alla riflessione esterna a un mero excursus48. Mi pare che ciò sia dimostrabile sulla base del differente rapporto in gioco: l’immediato posto-presupposto dalla riflessione determinante, infatti, non equivale a quello della riflessione che pone. La loro differenza consiste nel “riferimento a sé” o “consistenza” logica presa in esame, e di conseguenza nel diverso rapporto che le immediatezze intrattengono con la riflessione. Nella riflessione ponente l’elemento predominante era incarnato infatti dalla negatività riflessiva, eliminando la possibilità di considerare l’immediato come altro rispetto a essa. L’immediatezza attuale è invece indipendente e auto-sussistente, complice l’intermezzo della riflessione esterna in cui ha guadagnato il “riferimento a sé” prima assente. L’immediato, potremmo dire, non è solamente posto come presupposto (riflessione che pone), bensì è ora posto come presupposto: viene reintegrata nello sviluppo logico quella consistenza per la prima volta attribuitagli con la riflessione esterna. La riflessione determinante esibisce quindi il processo mediante cui emerge un’autentica immediatezza, superando la “sterilità” della riflessione ponente che produce solamente un elemento privo di consistenza.
L’analisi del nuovo rapporto tra riflessione e immediatezza viene svolta sotto la categoria della “riflessione determinante”. In conclusione, la Reflexionslogik esibisce quindi l’idea di un’immediatezza internamente costituita dalla riflessione. Deposta come parvenza ogni semplice immediatezza, siamo giunti a un livello secondo cui l’immediatezza è costituita immanentemente dalla negatività. Tale immediatezza sarà il punto di partenza dell’”identità”, la prima delle determinazioni riflessive. Essa è infatti “l’immediatezza della riflessione”, quell’“eguaglianza con sé”49 più volte attribuita alla negatività.
Nel suo complesso, la Reflexionslogik ha esibito l’emersione di novità a proposito dell’immediatezza. Le novità logiche si sono manifestate con l’esplicitazione di elementi impliciti nella negatività riflessiva, rimodulando rapporti e statuto delle categorie. Questo avviene molto chiaramente nel passaggio dalla riflessione ponente all’esterna. Se nella prima forma riflessiva abbiamo un immediato prodotto dalla riflessione, esso è tuttavia privo di sussistenza. Tale immediato è però il negativo della riflessione; esplicitando questa sua negatività, l’immediato si è determinato come non-riflessivo e quindi positivo, indipendente e altro dalla riflessione. In questo senso, l’immediatezza ha rinnovato il proprio statuto e guadagnato caratteristiche che prima non le competevano. Considerazioni analoghe si possono svolgere circa il passaggio alla riflessione determinante e le novità emerse a proposito dell’immediatezza. Più in generale, possiamo affermare di aver mostrato pure in questa sezione della Logica hegeliana l’emersione della novità. L’esplicitazione di caratteristiche latenti in un determinato livello categoriale ha infatti, di volta in volta, modificato rapporti e statuto delle categorie in gioco.
V. Conclusione
L’analisi condotta dimostra in che senso nella Logica si dia emersione di novità, con particolare riferimento allo statuto dell’immediatezza nella parte iniziale della Wesenslehre. Per uno sguardo più generale, e cercando di chiarire ulteriormente questo punto, riprendiamo alcune osservazioni sulla natura analitico-sintetica del metodo esposte nel paragrafo introduttivo.
L’andatura logica che conduce da una categoria alla successiva è, insieme, analitica e sintetica. È analitica in quanto la categoria B, cui la processualità immanente alla categoria A ha condotto, non è totalmente differente dalla categoria A, bensì è il risultato dell’esplicitazione di elementi impliciti nella prima categoria. Nondimeno, l’andatura logica è altrettanto bene sintetica, poiché il processo che conduce dalla categoria A alla categoria B avviene mediante l’emersione di nuovi tratti che originano un’altra categoria. In questo senso, possiamo sostenere che nella Logica si dia emersione di novità. Poiché sorge dall’esplicitazione di elementi latenti in un assetto categoriale, la novità non va intesa come una determinazione totalmente differente e priva di connessione rispetto al contesto logico in questione. Tuttavia, la sua emersione consiste in un fattore dinamico: essa rinnova infatti le categorie, mutandone statuto e contesto.
Nella sezione testuale esaminata questa tesi è stata modulata rispetto alla categoria dell’immediatezza. In primo luogo abbiamo evidenziato come l’approfondimento dell’immediatezza della Seinslehre conducesse, per sua necessità interna, all’essenza in quanto sua negazione. A partire da questo assetto, il rapporto tra immediatezza e negazione si è anzitutto configurato secondo la distinzione tra “essenziale” e “inessenziale”. Un approfondimento del carattere negativo dell’essenza ha tuttavia condotto al concetto di “negatività assoluta” dell’essere; di conseguenza, quest’ultimo ha subito un’ulteriore trasformazione diventando una parvenza, un’immediatezza in sé e per sé nulla. Successivamente, l’analisi ha tematizzato i differenti rapporti tra essenza e parvenza, mostrandone l’unificazione nella dinamica propria della riflessione. A questo livello, per la prima volta l’essenza ha esibito il suo carattere “produttivo”, rivelandosi come riflessione che pone l’immediato. Di conseguenza, quest’ultimo si è mostrato come l’“esser posto” della riflessione, una nuova forma differente tanto dall’inessenziale quanto dalla semplice parvenza e priva di una vera e propria stabilità. Esplicitando poi il carattere proprio dell’immediatezza, questa si è contrapposta alla riflessione: l’immediatezza ha guadagnato un nuovo statuto, per la prima volta in grado di opporsi alla riflessione come suo presupposto immediato. In conclusione, la medesima immediatezza si è rivelata esser posta dalla riflessione, pervenendo alla deposizione dell’esteriorità e all’immanenza della dinamica riflessiva all’immediato. In chiusura della Reflexionslogik l’immediato non è più semplicemente l’esser posto dalla riflessione, né tantomeno il suo presupposto estrinseco. L’immediatezza è ora costituita internamente dalla riflessione nel suo riferimento a sé.
La sezione testuale esaminata ha quindi esibito il rinnovamento dello statuto dell’immediatezza. Nel percorso scandito da queste tappe, l’emersione di nuove forme di immediatezza è stata mostrata esplicitando elementi impliciti nelle varie fasi logiche tematizzate. Quanto esposto nel nostro tracciato non è poi molto diverso da quel che accade laddove lasciamo cadere la lente d’ingrandimento su un oggetto, o quando approfondiamo la conoscenza di una persona o di un fenomeno qualsiasi. Spesso sconvolgendo la nostra idea di partenza, questo approfondimento ci rivela determinate caratteristiche della cosa che prima ci erano nascoste, di modo che la nostra concezione di essa cambi. Noi abbiamo infatti cominciato con la semplice immediatezza dell’essere, pervenendo infine all’immediatezza internamente costituita dalla riflessione. Esplicitando di volta in volta elementi impliciti nelle fasi logiche in questione, abbiamo esibito l’emersione di nuove forme di immediatezza e la nostra idea di partenza ha subito modifiche sostanziali. Più in generale, e in contrasto rispetto a letture come quella di Deleuze, abbiamo dunque dimostrato la presenza dell’emersione di novità nella Logica di Hegel.
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[1] Ciò non esclude che una simile tesi possa essere avanzata circa altre categorie come: essenza, negazione, fondamento etc.
[2] Considereremo il primo capitolo della prima sezione della Wesenslehre, intitolato “La parvenza [Der Schein]”.
[3] Non s’intende dunque né (1) offrire un commentario dettagliato delle pagine considerate, né (2) pretendere di esaurire la trattazione delle varie istanziazioni dell’immediatezza logica hegeliana, che si prolunga ben oltre questo capitolo e ha i suoi antecedenti nella Seinslehre.
[4] Per esempio, cfr. Hegel, G. W. F., Wissenschaft der Logik. Zweiter Band. Die subjektive Logik (1816), in G. W. F. Hegel, Gesammelte Werke, 12, F. Hogemann und W. Jaeschke (hrsg.), Meiner, Hamburg 1980, p. 380 = GW 12; tr. it. di Moni A., Scienza della logica, Laterza, Roma-Bari 1981, p. 942. Sulla natura analitico-sintetiva del Fortgang, cfr. Hegel, G. W. F., Enzyklopädie der philosophischen Wissenschaften im Grundrisse (1830). Erster Teil: Die Wissenschaft der Logik. Mit den mündlichen Zusätzen, in G. W. F. Hegel, Werke in Zwanzig Bänden, 8, E. Moldenhauer und K. M. Michel (hrsg.), Frankfurt a. M., Suhrkamp 1970, p. 392 = Enz 8; tr. it. di Verra V., La scienza della logica, UTET, Torino 1981, p. 460.
[5] Enz 8, p. 188; tr. it., p. 264.
[6] Enz 8, p. 188; tr. it., p. 254.
[7] Per alcune letture che battono l’accento su questo punto, cfr. Houlgate, S., Hegel on Being, London, Bloomsbury 2022, pp. 59-64, 75-99; Nuzzo, A., The End of Hegel’s Logic: Absolute Idea as Absolute Method, in D. G. Carlson (ed.), Hegel’s Theory of the Subject, Palgrave-Macmillan 2005, pp. 187-205: 198.
[8] GW 12, p. 380; tr. it., p. 941.
[9] Deleuze, G., Differenza e ripetizione, Bologna, Il Mulino 1971, p. 21. Sul rapporto Hegel-Deleuze, rimandiamo a Palazzo, S., Trascendentale e temporalità. Gilles Deleuze e l’eredità kantiana, ETS, Pisa 2013, pp. 237-254; Sauvagnargues, A., Hegel and Deleuze: Difference or Contradiction?, in K. Houle, J. Vernon, J. – C. Martin (eds.), Hegel and Deleuze: Together Again for the First Time, Northwestern University Press, Evanston 2013, pp. 38-53; Vuillerod, J. B., La révolution trahie: Deleuze contre Hegel, Presses Universitaires du Septentrion, Lille 2023.
[10] Deleuze G., Differenza e ripetizione, Bologna, Il Mulino 1971, p. 90.
[11] Deleuze G., Differenza e ripetizione, Bologna, Il Mulino 1971, p. 79.
[12] Zourabichvili, F., Deleuze. Una filosofia dell’evento, Ombre Corte, Verona 1998, p. 56.
[13] Criticità rilevate, in parte, da Houlgate, S., Hegel, Nietzsche and the Criticism of Metaphysics, Cambridge University Press, Cambridge 1986 e Rametta, G., Non-essere e negazione nella Logica di Hegel, “Divus Thomas”, 118 (2-2015), pp. 43-73.
[14] Per esempio: “nel campo del qualitativo rimane alle differenze, nel loro esser tolte, anche l’immediato, qualitativo esser l’una contro l’altra”, [Hegel, G. W. F., Wissenschaft der Logik. Erster Band. Die Lehre vom Sein (1832), in G. W. F. Hegel, Gesammelte Werke, 21, F. Hogemann und W. Jaeschke (hrsg.), Meiner, Hamburg 1984, p. 119 = GW 21; tr. it. di Moni A., Scienza della logica, Laterza, Roma-Bari 1981, p. 122].
[15] È quanto accade, per esempio, con qualcosa e altro. Sul punto cfr. Houlgate S., Essence, Reflexion and Immediacy in Hegel’s Science of Logic, in S. Houlgate, M. Baur (eds.), A Companion to Hegel, Blackwell, Oxford 2011, pp. 139-158: 139-140.
[16] GW 21, p. 517; tr. it., p. 428.
[17] Cfr. Enz 8, pp. 226-227; tr. it., p. 302.
[18] Enz 8, p. 229; tr. it., p. 304.
[19] Lo vedremo discutendo di “essenziale” e “inessenziale”, oltre che della “riflessione esterna”.
[20] Hegel G. W. F., Wissenschaft der Logik. Erster Band. Die objektive Logik (1812/13), in G. W. F. Hegel, Gesammelte Werke, 11, F. Hogemann und W. Jaeschke (hrsg.), Meiner, Hamburg 1978, p. 1 = GW 11; tr. it. di Moni A., Scienza della logica, Laterza, Roma-Bari 1981, p. 433.
[21] GW 11, p. 8; tr. it., p. 438.
[22] Su questi passaggi, seppure con qualche riserva circa l’idea dell’emersione della Wesenslehre a partire da quello che viene definito un “fallimento [Scheitern]” della Seinslogik, cfr. Quante, M., Die Lehre vom Wesen. Erster Abschnitt. Das Wesen als Reflexion in ihm selbst, in M. Quante, N. Mooren (hrsg), Kommentar zu Hegels Wissenschaft der Logik, Meiner, Hamburg 2018, pp. 275-324: 285-287.
[23] GW 11, p. 9; tr. it., p. 439. Sulla negatività assoluta, cfr. Bowman, B., Hegel and the Metaphysics of Absolute Negativity, Cambridge University Press, New York 2013.
[24] GW 11, p. 9; tr. it., p. 439.
[25] GW 11, p. 9; tr. it., p. 439.
[26] GW 11, p. 12; tr. it., p. 441.
[27] Cfr. Bordignon, M., L’autoriferimento della negazione nella Logica hegeliana, “Verifiche” 2017, XLVII (2), pp. 117-137: 122.
[28] “La negatività è la negatività in sé; è il suo riferimento a sé, e così essa è in sé immediatezza” (GW 11, p. 13; tr. it., p. 442).
[29] GW 11, p. 12; tr. it., p. 441.
[30] Cfr. Houlgate, S., Hegel’s Critique of Foundationalism in the ‘Doctrine of Essence’, in A. O’Hear (ed.), German Philosophy Since Kant, Cambridge University Press: 25-45, Cambridge 1999, pp. 25-45: 38-39.
[31] GW 11, p. 13; tr. it., p. 442.
[32] GW 11, p. 13; tr. it., p. 442.
[33] GW 11, p. 14; tr. it., p. 443. Cfr. Schmidt, K. J., Die Logik der Reflexion. Der Schein und die Wesenheiten, in A. F. Koch, F. Schick, G.W.F. Hegel: “Wissenschaft der Logik – Die Lehre vom Wesen”. Ein einführender Kommentar, Akademie Verlag, Berlin 2002, pp. 99-117: 102.
[34] GW 11, p. 18; tr. it., p. 444.
[35] Sulla riflessione come struttura logica oggettiva, e non operazione mentale o soggettiva, cfr. Düsing K., Das Problem der Subjektivität in Hegels Logik, Bouvier, Bonn 1984, p. 227; Jaesckhe, W., Äusserliche Reflexion und immanente Reflexion, “Hegel-Studien” 1978, 13, pp. 85-11: 89; Iber, C., Hegels Begriff der Reflexion als Kritik am traditionellen Wesens-und Reflexionsbegriff, in A. Arndt, G. Kruck (hrsg.), Hegels “Lehre vom Wesen”, De Gruyter, Boston 2016, pp. 21-34: 23-26; Schmidt, K. J., op. cit., p. 101.
[36] GW 11, p. 18; tr. it., p. 445.
[37] Cfr. Houlgate, S., Essence, Reflexion and Immediacy in Hegel’s Science of Logic, cit., p. 144.
[38] GW 11, p. 18; tr. it., p. 445.
[39] GW 11, p. 19; tr. it., p. 446.
[40] GW 11, p. 19; tr. it., p. 446.
[41] GW 11, p. 21; tr. it., p. 447.
[42] GW 11, p. 21; tr. it., p. 447.
[43] GW 11, p. 21; tr. it., p. 447.
[44] GW 11, p. 22; tr. it., p. 448.
[45] GW 11, p. 22; tr. it., p. 448.
[46] GW 11, p. 22; tr. it., p. 448.
[47] Cfr. GW 11, p. 23; tr. it., p. 449.
[48] Cfr. Henrich, D., Hegels Logik der Reflexion. Neue Fassung, “Hegel-Studien” 1978, pp. 203-324: 289-296.
[49] Cfr. GW 11, p. 34; tr. it., p. 457. Sull’identità cfr. Iber, C., Metaphysik absoluter Relationalität: Eine Studie zu den beiden Kapiteln von Hegels Wesenslogik, De Gruyter, Berlin 1990, pp. 285-310.